I Fantastici Sei (+1) del centrocampo neroazzurro

Con l’acquisto di Samardžić l’Inter ha costruito un super reparto giovane, completo e molto versatile.

Hakan Calhanoglu

A inizio estate sembrava che Simone Inzaghi potesse preparare la nuova stagione partendo da una base solida, consolidata. Un centrocampo già rodato, che sembrava l’unico reparto senza il bisogno di particolari innesti. E invece Marotta e Ausilio hanno subito messo le cose in chiaro, dirottando gli sforzi sulla lunga trattativa che ha portato in neroazzurro Davide Frattesi. Il sacrificio non è stato solo economico: l’acquisto della mezzala dal Sassuolo ha ricevuto il via libera soltanto dopo la cessione di Brozović, nonché, come sappiamo, uno dei migliori interpreti al mondo di quel ruolo davanti alla difesa. C’è una logica dietro, ovviamente, che segue la volontà di ringiovanire la rosa. Un classe ’92 parte, un ventitreenne arriva, e Calhanoglu è libero di piazzarsi stabilmente in cabina di regia – posizione che ha espressamente dichiarato di preferire. Non dimentichiamoci, poi, di Asllani, che dopo un anno di apprendistato potrebbe finalmente ritagliarsi più spazio per far rifiatare il turco.

A posto? Possiamo concentrarci sull’attacco, o magari sui portieri? Certo che no, perché c’è un’altra uscita che va colmata. L’addio non ha fatto scalpore né provocato dispiaceri, anzi, ma quel sesto centrocampista prima rappresentato da Roberto Gagliardini viene considerato fondamentale per le rotazioni di Inzaghi. Sensi sta brillando nel precampionato, ma le sue condizioni fisiche sono, a lungo andare, un rischio che la dirigenza neroazzurra non è più disposta a prendersi. Il gioiellino Fabbian, invece, è sembrato ancora acerbo, ma risulterà estremamente utile in altri modi. Così l’Inter ha deciso di fare le cose in grande ed è riuscita a migliorare – e rendere davvero completa – la parte più forte del proprio organico. È infatti attesa nelle prossime ore la chiusura dell’affare Samardžić, talento naturalizzato serbo in arrivo dall’Udinese per una cifra modesta cui si aggiunge per l’appunto il cartellino di Fabbian (sul quale Zhang vorrebbe conservare anche il diritto di recompra).

Lazar Samardzic in maglia Udinese

Samardžić (2002) risponde a quel progetto di ricambio generazionale avviato con Frattesi, innalza esponenzialmente il livello qualitativo della rosa e, soprattutto, rappresenta quell’alternativa tecnico-tattica che mancava tra le mezzali interiste. Barella, Frattesi e Mkhitaryan sono tre stachanovisti dediti al dispendio energetico, ognuno con le proprie peculiari specialità. Il primo, come sappiamo, è un giocatore totale, fuori dagli schemi, che fa del dinamismo caotico il suo punto di forza. È stato anche il più prolifico della scorsa stagione – 6 gol e 6 assist – nonostante non sia il più offensivo del reparto. Ma Barella è ovunque: lo si può trovare in area avversaria (2,13 tocchi p90) e un attimo dopo a inseguire l’avversario nella propria trequarti (vince il 55% dei contrasti e, dal basso del suo metro e settantadue, il 57,14% dei duelli aerei).

E adesso, parallelamente a lui, corre il suo alter ego romano, arrivato per coprirne le scorribande o, nella remota evenienza, per farlo rifiatare. Dopotutto Frattesi, dei sei, è il centrocampista con più minutaggio della scorsa stagione (2892’ giocati), quello che ha vinto più duelli a partita (10,21) e quello che entra più spesso in area nemica (ben 3,52 tocchi p90). A Sassuolo era una star: con 7 gol in 36 partite è stato il secondo miglior marcatore (al pari di Laurienté), ampliando il bottino della stagione precedente. “Voglio fare più assist”, ha detto appena arrivato a Milano. Ne ha già forniti due, decisivi, nell’amichevole contro il PSG, sfoderando immediatamente la sua arma migliore: l’inserimento. Non sappiamo se Davide sarà la mezzala titolare ma, considerati gli interpreti a disposizione, lo stesso concetto di titolarità potrebbe scomparire.

Davide Frattesi in maglia Inter

Il dubbio però rimane, e la vera ragione è un’altra. Dal disegno di ringiovanimento non è escluso Henrikh Mkhitaryan, anzi, ne fa pienamente parte. L’armeno, a 34 anni, ci ha messo poco a diventare una pedina fondamentale della mediana neroazzurra. Perché va ancora “come un treno”: nei novanta minuti effettua più tackle (2,12) e recupera più palloni (7,48) di chiunque altro. È lui la vera mezzala di interdizione, capace di coniugare aggressività, visione periferica, verticalità e precisione – pochi lanci lunghi (2,66 a partita), ma quasi sempre precisi (il 79,66% delle volte, meglio di tutti).

Infine c’è lui, il più atteso, il componente inedito: Lazar Samardžić. Con Sottil ha finalmente trovato continuità ed ha potuto mettersi in mostra. La personalità non gli manca di certo, 4 dei 5 gol segnati lo scorso anno sono arrivati da fuori area dopo una progressione, un recupero alto, o uno scambio veloce. Di sinistro, di destro, d’esterno o a giro – non fa differenza. Lazar calcia in tutti i modi (lo fa bene e lo fa spesso: 2,43 i tiri totali p90) ma c’è una parte del piede che preferisce: la suola. Conduce a testa alta, sa sempre dov’è il pallone e dove sono i suoi compagni (2,34 passaggi chiave p90). Ha spiccate vocazioni offensive, è vero, ma Inzaghi ha già dimostrato prima con Luis Alberto e poi con Calhanoglu di saperne inquadrare l’inventiva dentro a una precisa impostazione tattica capace di esaltarne le qualità. Samardžić, infine, eccelle in un fondamentale che all’Inter mancava quasi del tutto. Nella stagione 22/23, i neroazzurri sono stati la squadra che ha tentato e completato meno dribbling; il serbo ne tenta più di tre a partita.

L’ultima postazione da analizzare rimane quella lasciata da Brozović e già parzialmente occupata da Calhanoglu. Il turco – che ha saputo e voluto reinventarsi da regista – sarà presumibilmente l’unica certezza del reparto e molto passerà dalla costanza delle sue prestazioni. Di sicuro resta un’arma importante per la battuta dei calci piazzati (6 assist la scorsa stagione) e per le conclusioni da fuori (2,12 tiri totali p90). Calha ha imparato a giocare di prima, massimo due tocchi (anche per questo, togliergli la palla è quasi impossibile: accade una volta ogni 200 minuti), pur rimanendo costantemente il fulcro del gioco (oltre 75 tocchi in media p90). Fulcro e filtro, poiché solo Mkhitaryan recupera più palloni di lui. Abilità chiave: le verticalizzazioni. Hakan è il primo per passaggi chiave (2,65) e per passaggi filtranti precisi (29,25) a partita.

Hakan Calhanoglu in maglia Inter

L’onesta sensazione è che Asllani, nonostante un precampionato incoraggiante, farà ancora parecchia gavetta. I dati, tuttavia, son dalla sua parte. Tra i “Fantastici 6” ha la maggior percentuale di duelli vinti (57%), di passaggi effettuati e completati (il 90,09% di 67,58), ed è quello che perde meno la palla (0,31 volte p90) pur toccandola di più (81,12 p90). È solo questione di tempo ed esperienza. Ci sarebbe, infine, da aprire una piccola parentesi su quella gemma di cristallo che risponde al nome di Stefano Sensi. Le 28 partite giocate col Monza hanno evidenziato risultati significativi che testimoniano una parziale rinascita del centrocampista italiano. Paradossalmente, ha effettuato e vinto più duelli di tutti per gara (il 59% di 10,45) e realizzato più tackle (2,54). Ha toccato anche più palloni (84,64 p90) ed è il numero uno per passaggi verticali riusciti (33,17), ma questo non sorprende. Un settimo centrocampista del genere, tuttavia, sarebbe un lusso che l’Inter non si può permettere.

La rosa sarà ancora imperfetta, ma il tecnico neroblù potrà contare su un centrocampo forte, completo e ricco di soluzioni tecnico-tattiche differenti. Non è da escludere, per esempio, che Inzaghi possa schierare una sola punta supportata da due trequartisti come Samardžić e Mkhitaryan. Ora, forse, Marotta e Ausilio potranno pensare anche agli altri reparti.

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