Non-Ricordo di Diego Armando Maradona

Memorie personali relative a Diego Armando Maradona da parte di un appassionato che è nato dopo la sua epopea.

Maradona

“O mama mama mama, o mama mama mama, sai, perché, mi batte il corazon, ho visto Igor Protti, ho visto Igor Protti, oh, mamà, innamorato son”, così cantava l’Armando Picchi di Livorno Sabato 7 Giugno 2003, in occasione dell’ultima giornata del campionato di Serie B. Quel giorno Igor Protti stava dando il suo (primo, visto il ripensamento estivo) addio al calcio, e, nonostante alcuni screzi, 20.000 tifosi amaranto stavano cantando questo coro in onore di Re Igor. Tra questi 20.000, c’ero anche io, alla veneranda età di otto anni.

Quando chiesi a mio padre da dove veniva quel coro, lui mi rispose che era stato “inventato” dai napoletani per Diego Armando Maradona;
“E chi è Maradona, babbo?”
“Il più forte giocatore di sempre, probabilmente”
“Piu forte anche di Protti e di Baggio?” (che avevo avuto la fortuna di vedere in amichevole nell’Agosto 2002 sempre al Picchi)
“Si, più forte”

Questo è stato il primo contatto avuto da me con Maradona; un coro, riadattato per il miglior giocatore di sempre della mia squadra. Praticamente ho sempre avuto Maradona all’interno della mia conoscenza calcistica, senza aver mai visto giocare di persona l’argentino; le persone che hanno avuto la fortuna di esserci (tra cui mio padre) raccontano ancora di quando, nell’87, il Napoli di Maradona venne a giocare un turno di Coppa Italia contro il piccolissimo Livorno, nel quale militavano i giovanissimi Protti ed Allegri. Lo raccontano come raccontano di quando i Pink Floyd vennero a suonare all’Armando Picchi, un evento unico nel suo genere ed assolutamente imperdibile.

Essendo stato grande appassionato di calcio fin da piccolo, ogni volta che Rai3 proponeva Sfide, mi mettevo sul divano insieme ai miei genitori per conoscere un po’ delle storie dei Mondiali; ricordo bene la Partita del Secolo, quando seppi della vittoria dell’Italia in Spagna, ricordo le Notti Magiche di Italia ’90, ma ancora meglio ricordo quando vidi Maradona in maglia albiceleste segnare di mano un gol decisamente famoso. Quasi rimasi indignato, al pensiero che il giocatore che mio padre ritiene il più forte di sempre, aveva segnato un gol del genere, “imbrogliando”; sappiamo bene tutti cosa accadde dopo.

“Questo è il gol più bello che sia mai stato segnato” disse mio padre; questa volta fu più facile convincermi. Barrilete Cosmico, disse Victor Hugo Morales (su cui mi informai circa dieci anni più tardi), decisamente illuminato da qualcosa di divino in quel momento; aquilone cosmico. Che significa? Non lo so, ma quel che conta, quello che è stato ed è Maradona, viene subito dopo: “Gracias Dios por el futbol, por Maradona, por estas lagrimas”, dice Morales, quanto di più lontano immaginabile dalle esultanze preparate di tanti telecronisti di oggi.

Per me, che non ho avuto la fortuna di veder giocare Maradona, e ho solo potuto vedere i video dei gol e delle giocate più famose, Maradona è soprattutto emozione e stupore; lo stupore che tutti provano con le sue giocate più famose, che è anche inutile ricordare, come con il riscaldamento palleggiato sulle note di Live is Life. Maradona è stato qualcosa di più della giocata in sé, del gesto tecnico; Morales ringrazia Dio prima di tutto per il calcio, e poi, come in un climax ascendente, lo ringrazia per Diego, messo su un piano superiore al calcio, come se fosse un’entità più grossa, che comprende in sé il calcio stesso, ed infine per le lacrime versate in quel momento di commozione; lacrime causate però, da Maradona o dal Calcio? Senza scadere nel filosofico, la sublimazione del calcio come sport del popolo è stata forse proprio Maradona.

Nelle sue cento vite calcistiche (parlando sempre della carriera da giocatore), Maradona è stato forse il calcio più di ogni altro, perché ha incarnato le speranze di popoli ovunque sia andato. Se Pelè ha definito il Brasile e il futbol bailado come lo intendiamo anche ora, e Cruijff ha contribuito in maniera incredibile a cambiare il volto del calcio moderno, con una rivoluzione tattica totale, Maradona è stato il popolo; è stato l’esempio della persona intorno alla quale si radunano schiere di tifosi, del giocatore singolo in grado di trascinare una squadra altrimenti mediocre (Argentina 86 e 90, parlo di te) alla vittoria praticamente da solo, caricandosi pressioni e aspettative sulle spalle, con estrema naturalezza. Per Napoli è stata una sorta di squarcio nel cielo, un evento dal quale tuttora non si può tornare indietro (provate a farvi un giro nel centro di Napoli), per l’Argentina è stato davvero D10S, un uomo totalizzante anche 34 anni dopo la vittoria del Mondiale 1986; è stato un’eredità pesante per tantissimi, Ortega, Aimar, Riquelme, ed infine Messi, colui che si è avvicinato di più all’epica di Maradona, senza riuscire però a toccare i livelli di empatia toccati da Maradona con il popolo argentino.

Ho avuto la fortuna di andare allo stadio fin da quando avevo tre anni, e di vedere la mia squadra scalare le serie inferiori fino a giocare un po’ di anni in Serie A (e perfino in Coppa Uefa!); ho visto giocare campioni come Ibrahimovic, Totti, Del Piero, Buffon, Ronaldinho, Kakà, Pirlo, Tevez, e tanti altri nomi importanti, a cui aggiungere i calciatori visti negli ultimi anni passati sui campi, come Suarez, Mertens, Dybala, Piquè, Dzeko, De Ligt, Gomez, Busquets e via dicendo. Più di tutti ho avuto l’occasione di vedere giocare per ben due volte Cristiano Ronaldo, il giocatore che si avvicina più di tutti all’Olimpo.

Ma non so se avrò mai la fortuna di vedere giocare (per la mia squadra del cuore ho avuto Protti come Maradona in miniatura e mi ritengo già abbastanza fortunato) un calciatore così importante, totalizzante, un’anima del mondo per citare Hegel tra i tanti, ed in grado di incidere non solo nello sport ma anche nell’esistenza comune, come Maradona.

Leggi anche

Loading...