È davvero necessario il tempo di gioco effettivo?

Allungare il tempo di recupero non è bastato a risolvere i problemi: serve un cambiamento, sia esso deciso dalle istituzioni o un’evoluzione culturale.

tempo effettivo premier league

Il campionato volge al termine, si attendono soltanto gli ultimi verdetti: un posto in Europa, pochi punti per restare aggrappati alla Serie A. Per le squadre che non hanno più nulla da raggiungere resta un esercizio di stile, un piacevole sfogo creativo e spensierato; per tutte le altre diventa un gioco di nervi, un metagame fondato sull’astuzia e sulla perdita di tempo. È così che nasce, per esempio, la differenza colossale tra il minutaggio effettivo di Monza-Lazio (60’46” su 98’30”) e quello di Cagliari-Lecce (43’30” su 100’05”, il 43% del tempo trascorso sul cronometro dell’arbitro Marcenaro).

C’è chi conduce da tempo una campagna contro la deriva utilitaristica della durata di gioco (un’abitudine radicata che contribuisce a diminuire l’appeal del prodotto calcio): Stefano Pioli si era esposto per la prima volta nel settembre 2021, dopo Juventus-Milan, sostenendo che si fossero realmente giocati appena 48 minuti. «Per forza che poi andiamo in Europa e facciamo fatica», aveva aggiunto, distribuendo le colpe tra arbitri, calciatori e gli stessi allenatori.  Nel 2017, in anticipo sui tempi, Marco van Basten aveva suggerito i sessanta minuti effettivi in qualità di consulente FIFA per l’innovazione tecnologica.

Il problema esiste, è un dato di fatto. Ma l’appello di Pioli non era del tutto corretto: un rapporto del CIES risalente all’aprile dello stesso anno aveva dimostrato come non ci fosse poi così tanta differenza tra la percentuale di gioco effettivo della Champions League (il 64,7% del tempo totale) e della Serie A (63,2%). Su un tempo medio di 96 minuti, la palla rotola per 62’ in Europa e per poco più di 60’ in Italia. Tra i cinque campionati maggiori, solo la Bundesliga meglio di noi (ma leggermente, 63,9%); seguono Ligue 1 (62,4%), Premier League (62,0%) e, più lontana, la Primera División (59,3%).

Pioli sulla panchina del Milan a Sassuolo

Vertici arbitrali e istituzionali hanno finora affrontato il problema aggirandolo: secondo Marcello Nicchi, ex presidente dell’AIA, il tempo effettivo trova già applicazione nel potere discrezionale degli arbitri di concedere più o meno minuti di recupero in base alle direttive del regolamento. Il designatore arbitrale Gianluca Rocchi auspica, invece, un miglioramento a livello comportamentale («soprattutto sulle punizioni perché, spesso, si perdono due minuti […] tra le proteste e il tiro») mentre il suo predecessore Nicola Rizzoli vede il tempo effettivo come un’utopia.

Il più lucido è stato Pierluigi Collina, presidente della Commissione Arbitrale della FIFA, istituendo un parallelo col passato: «per ovviare alla scarsa spettacolarità di certe situazioni, un po’ di anni fa venne impedito al portiere di prendere con le mani il pallone passato volontariamente da un proprio compagno. Allora la reazione iniziale fu:  “Il calcio non sarà più lo stesso”. Era vero, solo che quella regola ha reso il gioco molto più divertente. Quindi stiamo facendo dei ragionamenti verso il tempo effettivo, perché è giusto farli».

Infantino avrebbe voluto introdurre il tempo effettivo già dai Mondiali in Qatar, ma ci si limitò a recuperare tutto il possibile: un compromesso diventato ufficialmente linea guida anche in Serie A. Come segnalato da Sportellate, le prime 20 giornate della stagione 23/24 hanno registrato 87,7 minuti recuperati per turno e il 56.2% di tempo effettivo giocato; in media, quindi, a ogni partita sono stati aggiunti quasi 9 minuti, senza però riuscire a ridurre davvero i momenti morti e donare nuova attrattività a un prodotto che ha bisogno di rinnovarsi per sopravvivere in un mercato vasto e concorrenziale nel quale è facile perdere utenti.

Per uniformare la percezione di spettacolarità e rendere il calcio più equo s’intravedono due strade: una drastica e rivoluzionaria, l’introduzione del tempo di gioco effettivo; l’altra più lenta ma costruttiva, un profondo cambiamento culturale volto alla massima riduzione di proteste, simulazioni, perdite di tempo volontarie, guidato dalla volontà proattiva di concentrarsi sul calcio giocato, aumentando l’intensità, la qualità del possesso palla, la creazione di occasioni, col contributo degli arbitri, meno tolleranti e meglio disposti. Ma non sarà semplice.

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