Sulle orme di Duván Zapata
Via Zapata, dentro Scamacca. Gasperini ha una nuova punta da svezzare. I segnali sono già incoraggianti
Guarda e impara, ragazzo, sembra dire Gasperini a Gianluca, mentre Duván Zapata regge dal primo minuto l’attacco della Dea per la 153ª volta. Potrebbe anche essere l’ultima. Il Gasp probabilmente lo sa, e vuole approfittarne fin che può. È una lezione gratuita che offre al suo prossimo discepolo. Il titolo del corso: Come fare reparto da solo, riservato ai pesi massimi. L’Atalanta parte male contro un Frosinone arrembante; Duván dovrà caricarsi di nuovo la squadra sulle spalle, un perfetto momento pedagogico. Si stabilizza prevalentemente sul fronte mancino – non vuole calpestare i piedi a quel cavallo imbizzarrito di Lookman. La sua heatmap si tinge di un rosso acceso poco dentro la metacampo avversaria, nel centrosinistra. Tante volte, lì, serve fare a spallate, giocare di sponda, liberare lo spazio per gli inserimenti di Koopmeiners.
A Duván non piace aspettare la palla fermo in area di rigore. Che gusto c’è? Viene incontro, la tocca 44 volte (il suo compagno di reparto si fermerà a 9), la maggior parte delle volte a uno o due tocchi, con grande precisione (l’85,2% dei passaggi andrà a buon fine). Al minuto 12 i bergamaschi ripartono rapidi, De Roon trova Lookman tra le linee, il nigeriano non alza neanche lo sguardo: sa che Zapata si è abbassato per riceverla. Un piccolo movimento di bacino, quel tanto che basta per mandare al bar il difensore e sistemarsi il pallone sul mancino. L’occasione è ghiotta, dal piede del colombiano parte un missile terra-aria: alto.
Stai prendendo nota, Gianluca? Guarda che dopo tocca a te!
I padroni di casa raddoppiano, ma c’è ancora tempo. Gasperini si fida del suo puntero. Kolašinac manovra sulla sinistra, Ruggeri scarica su Éderson e Duván prende posto indietreggiando. Resta qualche metro davanti a Monterisi. Le braccia dell’orobico si allungano dondolando sui fianchi in modo veemente: la palla arriva rasoterra. Lui non l’attende, ne segue il movimento e la protegge prima ancora che gli giunga tra i piedi. Finta di corpo come andasse sul mancino, il difensore ci casca e lo lascia rientrare sul destro. Poi, Monterisi commette un altro errore: gli concede l’appoggio.
Zapata lo tiene lontano e in precaria coordinazione spara un fulmine nell’angolino. La partita è riaperta, l’Atalanta è ancora sotto, ma Duván ride, è felice come un bambino. È appena entrato nella storia del club bergamasco. Il miglior marcatore di sempre in massima serie con la maglia neroazzurra, 69 gol, alla pari con Cristiano Doni. Poco dopo prova anche a staccarlo, ma il suo colpo di testa da corner è sbilenco. La partita di Duván si chiude poco prima del settantesimo, con un gol a fronte di 0.24xG. Un gol voluto, cercato, creato dal nulla.
Al momento della sostituzione il Gasp nasconde l’emozione. Gli batte il cinque, gli dice “bravo”, fingendo di pensare alla partita. In cuor suo si svolge tutt’altra conversazione.
– Il mio compito qui è finito, mister. Sono stato un bravo attaccante?
– No. Mi hanno detto che sei stato il migliore.
È il momento di Scamacca. Zapata si accomoda in panchina e guarda il suo successore operare secondo il concetto di mìmesis, cercando l’imitazione della forma ideale di punta gasperiniana. Gianluca, che ha dichiaratamente scelto l’Atalanta per Gasperini e vorrebbe tornare quell’animale capace di segnare 16 gol con la maglia del Sassuolo, si muove subito bene. Più che toccare palloni (appena 9), crea spazi, e mette subito davanti alla porta Scalvini, che spreca.
Qualche minuto dopo si avventa rabbiosamente sulla respinta del portiere dopo un tiro di De Ketelaere, ma è troppo scoordinato per indirizzare in rete. Fa niente, ci riprova: da un corner di Muriel trova bene il tempo per mangiare in testa a Romagnoli, ma il pallone finisce qualche centimetro sopra alla traversa. Scamacca guarda il cielo, stizzito e deluso da sé stesso. Il mister la pensa diversamente. L’alunno ha dato segnali incoraggianti, sta già imparando. Il dolce passato è già alle spalle, c’è tutto un futuro da costruire.