Il Bologna sta riducendo il gap con le prime 8
Un progetto ambizioso coordinato da un responsabile dell’area tecnica competente e da un allenatore moderno e preparato: il Bologna è una delle realtà più interessanti del calcio italiano
Dopo annate senza infamia e senza lode, in cui il club galleggiava silenziosamente nella parte centrale della classifica, il vento dalle parti del Dall’Ara sembra essere finalmente cambiato. E l’artefice di questa svolta ha un nome e un cognome: Giovanni Sartori, insediatosi nel maggio 2022 come responsabile dell’area tecnica, ha immediatamente preso le redini della situazione, portando tutta la sua visione calcistica e la sua capacità gestionale in un contesto fertile come quello di Bologna. Basterebbe elencare i nomi dei nuovi volti aggregatisi alla squadra in questa finestra di mercato per rendere l’idea della dimensione in cui il DS sta proiettando la società. Beukema, Fabbian, Ndoye, Karlsson: profili giovani, dalle caratteristiche moderne, perfettamente in linea con la filosofia di gioco e le richieste del tecnico Thiago Motta. Acquisti di caratura europea, così come europea è l’ambizione del Bologna, una realtà che si sta facendo largo a suon di grandi prestazioni e grazie alla competenza dei suoi addetti ai lavori.
Sartori: a Bologna per bissare quanto fatto con la Dea
«L’aspettativa è alta. All’Atalanta mi venne chiesto di ripetere il percorso del Chievo. Qui quello fatto all’Atalanta. Ma ve lo dico: l’Europa va nominata. Il Bologna che trovo è più forte dell’Atalanta che trovai». Si è presentato così ai tifosi rossoblù Giovanni Sartori, mettendo subito in chiaro l’ambizione e la competitività che avrebbe portato nell’ambiente. Per iniziare a sognare, però, la prassi da seguire è una e una sola: applicare alla lettera il “metodo Sartori”, che lo ha reso – di fatto – il miglior direttore sportivo della Serie A. Quel capolavoro manageriale che ha aperto alla Dea le porte dell’Europa per ben 5 stagioni (3 partecipazioni Champions e 2 Europa League, oltre alle 2 finali di Coppa Italia), che ha portato a Bergamo talenti sconosciuti, interpreti perfetti di un gioco spettacolare esportato anche fuori dallo Stivale. Il tutto con un utile complessivo superiore ai 160 milioni di euro.
Mentre l’Atalanta incantava l’Europa, il Bologna navigava in acque tutt’altro che tranquille: negli stessi anni dell’exploit della Dea, la società emiliana faceva registrare un profondo rosso da oltre 110 milioni. Inoltre, l’assenza di una solida progettualità a lungo termine e la mancanza di una figura di riferimento in dirigenza avevano costretto per troppi anni ad accontentarsi dell’obiettivo minimo: una salvezza tranquilla, nulla di più, nulla di meno. Con l’arrivo di Sartori la musica è decisamente cambiata: giocatori come Santander e Mbaye (che guadagnavano rispettivamente come Malinovskyi e Gosens a Bergamo) hanno lasciato il posto ai vari Posch, Ferguson, Lucumì, Moro e Zirkzee, colonne portanti del nuovo corso, scovati proprio dal DS ex-Atalanta, che è riuscito contemporaneamente a ringiovanire la rosa e a renderla competitiva. Giovanni Sartori, come una specie di Re Mida, riesce a trasformare in oro tutto ciò che passa per le sue mani. Si cala nel nuovo contesto e, come per magia, lo porta a lottare per obiettivi inimmaginabili fino a poco tempo prima.
Thiago Motta: il prototipo dell’allenatore moderno
L’ascesa di una società, oltre che dietro alle scrivanie, passa ovviamente in primis dai responsi del rettangolo verde. E la capacità della dirigenza va spesso di pari passo con la modernità dell’allenatore. Così come era avvenuto con Gasperini, che aveva esportato il suo innovativo modello di gioco, basato sull’uno contro uno a tutto campo e sulla costante ricerca dell’ampiezza dei quinti di centrocampo, anche Thiago Motta è un tecnico che ha anticipato i tempi. In molti ricorderanno il suo visionario 2-7-2 proposto quando allenava le giovanili del PSG, in cui il portiere si alzava a impostare tra i centrocampisti. Già allora, nel 2019, il tecnico si faceva precursore di un concetto rivoluzionario, assurdo per molti, che sta prendendo sempre più piede nel calcio moderno: “I ruoli non esistono. Per me l’attaccante è il primo difensore e il portiere il primo attaccante. “Dal portiere parte il gioco, con i piedi, e dalle punte il pressing offensivo per recuperare la palla”. Ciò che allora sembrava nulla di più di una eversiva provocazione è ora il concetto cardine delle squadre più belle e sorprendenti del momento. E tra queste c’è anche il suo Bologna: una formazione giovane, europea, che traspone sul rettangolo di gioco la filosofia del suo allenatore, che non butta mai il pallone e che occupa il campo alla perfezione. Alla prossima grande prestazione, vietato stupirsi: è semplicemente il naturale processo evolutivo di idee anticonvenzionali. E come diceva Erasmo da Rotterdam “le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida visionaria follia”. Non sarà un caso, dunque.